In più punti della SR 666, la strada che da Sora conduce al valico di Forca d’Acero, passando per la SR 509, ci sono fiori, lumini, croci, foto incorniciate, piccoli oggetti simbolici. Sono i segni lasciati da amici e familiari per ricordare chi ha perso la vita su quelle curve tanto belle quanto insidiose, spesso percorrendole su due ruote, inseguendo il senso di libertà, la passione per la moto e per l’adrenalina.
L’incidente di ieri mattina, avvenuto nel tratto in territorio di Campoli Appennino, ha riacceso i riflettori su un tema che torna puntuale ogni estate. A scontrarsi, per cause ancora in fase di accertamento da parte dei carabinieri intervenuti, sono stati una Nissan Juke e una moto Aprilia. Ad avere la peggio, come quasi sempre accade in questi casi, è stato il motociclista: trasportato all’ospedale di Sora con ferite agli arti, non sarebbe in pericolo di vita.


Ma è bastato quell’impatto per riaprire il dibattito: davvero la SR 666, soprannominata “strada del diavolo”, e la 509, che conduce ai tornanti più amati dai centauri, sono strade pericolose? O, più semplicemente, il pericolo lo crea chi quelle strade le percorre senza rispetto, senza prudenza, senza tenere conto della reale complessità del tracciato?
Non si può dare la colpa sempre e solo ai motociclisti. È vero, alcuni scambiano quei tornanti per una pista da corsa, ma è altrettanto vero che in tanti li affrontano con attenzione e responsabilità. Così come è vero che molti automobilisti, ignari delle caratteristiche della strada, affrontano le curve a velocità sostenuta, tagliano le traiettorie, si allargano e si trovano all’improvviso a invadere la corsia opposta.
E se il limite di 50 km/h è in vigore su gran parte del tracciato, un motivo c’è. La segnaletica c’è, ma non sempre viene rispettata. E sul versante abruzzese, basta poco per ritrovarsi faccia a faccia con mucche al pascolo, cavalli, cani da pastore. Basta una curva cieca per mettere a rischio la vita degli animali e degli utenti della strada, a prescindere dal mezzo utilizzato.
Appare dunque inutile invocare interventi di messa in sicurezza della strada, controlli, assurdi divieti di transito per motociclette. Andrebbe piuttosto invocato il buonsenso di tutti.
La strada è una delle più panoramiche del Centro Italia, ed è amata da motociclisti di ogni età e provenienza. Ma l’amore per la guida – di qualunque mezzo si tratti – non può mai prescindere dal rispetto delle regole, e dalla consapevolezza che ogni curva può essere l’ultima se ci si affida solo alla velocità.
Non è la SR 666 ad essere maledetta o pericolosa. Non lo è neppure la 509. Lo diventano le abitudini sbagliate, la superficialità, l’illusione dell’invulnerabilità. La bellezza di quei tornanti chiede solo una cosa in cambio: prudenza. E rispetto. Per sé, per gli altri, per chi non c’è più.