L’infanzia è sempre più digitale. I bambini iniziano a utilizzare dispositivi tecnologici già in tenera età, spesso prima ancora di imparare a parlare correttamente. Tablet, smartphone e TV sono diventati strumenti quotidiani anche nei primi anni di vita, tra giochi, video e app educative. Ma cosa succede quando la tecnologia prende troppo spazio?
Secondo diversi studi, l’esposizione prolungata agli schermi può compromettere lo sviluppo neurologico e comportamentale dei più piccoli. I rischi? Problemi di concentrazione, ritardi nel linguaggio, disturbi del sonno e persino forme precoci di ansia e isolamento sociale. L’interazione virtuale, infatti, non può sostituire quella reale, fondamentale per lo sviluppo emotivo e relazionale.
Per analizzare i rischi del connubio tecnologia e infanzia, ne abbiamo parlato con il Dottor Serafino Pontone Gravaldi, noto pediatra di Sora e Coordinatore nazionale Area Malattie Rare e Disabilità della Federazione Italiana Medici Pediatri.

L’intervista
- Dottor Pontone Gravaldi, negli ultimi anni si registra un crescente numero di accessi al pronto soccorso per motivi legati alla salute mentale di bambini e adolescenti. Cosa ci stanno dicendo questi dati?
“Purtroppo ci stanno parlando di un malessere profondo e diffuso. Già prima della pandemia, stavamo osservando un aumento di comportamenti autolesionistici, episodi di aggressività, ansia, depressione, disturbi alimentari e dipendenze – da internet, dai social, ma anche da sostanze. Il Covid ha solo amplificato ciò che era già in atto. Stiamo vedendo una generazione in difficoltà, che fatica a elaborare le emozioni, a reggere la frustrazione, a costruire relazioni significative. È un campanello d’allarme da non ignorare.
- Cosa alimenta questo disagio? Dove nasce?
“La salute mentale si costruisce giorno per giorno, fin dai primi anni di vita. Nasce in famiglia, nelle scuole, nelle comunità. Dipende da una rete di relazioni stabili, da adulti presenti, empatici, capaci di ascoltare. Il disagio si nutre invece di solitudine, mancanza di dialogo, modelli educativi fragili o iperprotettivi, pressioni scolastiche e sociali troppo elevate, carenza di tempo di qualità, abuso di tecnologie. Non si tratta solo di “eventi traumatici”, ma anche di uno stile di vita che non aiuta i giovani a sviluppare resilienza, fiducia in sé, capacità di affrontare le sfide”.
- Quali sono i segnali d’allarme da non sottovalutare nei bambini e negli adolescenti?
“Ogni bambino è diverso, ma ci sono alcuni segnali comuni: calo improvviso del rendimento scolastico, isolamento, difficoltà nel sonno, perdita di interesse per attività prima amate, irritabilità marcata, cambiamenti nell’alimentazione, atteggiamenti autolesionistici, chiusura comunicativa. A volte questi segnali vengono scambiati per “capricci” o “normalità adolescenziale”, ma è proprio qui che servono attenzione e ascolto”.
- Gli ultimi dati mostrano che oltre il 50% dei bambini di età compresa tra i 6 e i 10 anni utilizza dispositivi con display ogni giorno per una media di 3-4 ore, ben al di sopra delle 2 ore giornaliere raccomandate dai pediatri.
“È ormai noto che nei bambini di età inferiore ai 5 anni, un’esposizione quotidiana superiore alle 2 ore può avere conseguenze negative sullo sviluppo. Tra queste si riscontrano una riduzione della capacità di concentrazione e della memoria a breve termine, disturbi del sonno (come difficoltà ad addormentarsi e risvegli notturni frequenti), oltre a sintomi di irritabilità e aggressività durante il giorno”.
- Cosa possono fare gli adulti per promuovere la salute mentale dei più giovani?
“Molto, anzi, moltissimo. Noi adulti – genitori, insegnanti, educatori – abbiamo una responsabilità enorme e una possibilità formidabile di trasformare il presente. Occorre ritrovare la vocazione educativa: offrire ascolto autentico, tempo di qualità, confini chiari ma affettuosi. Serve educare all’emotività, al rispetto di sé e degli altri, alla gestione dell’errore e del conflitto. La prevenzione inizia nella quotidianità, non solo nei centri specializzati”.
- Come possiamo aiutare i nostri figli e studenti a crescere in modo sano e stabile?
“Dobbiamo aiutarli a diventare persone emotivamente stabili, curiose di conoscere, ricche di relazioni significative. Questo significa dare valore all’empatia, alla parola, al gioco, al movimento, alla creatività. Non serve medicalizzare ogni disagio, ma neanche banalizzarlo. Serve una comunità educante – genitori e insegnanti uniti – che sappia cogliere i segnali, intervenire in modo tempestivo, chiedere aiuto quando serve, senza stigmi”.
- Ci parli dell’iniziativa dell’associazione “Ricomincio da Te”.
“L’obiettivo è sensibilizzare le famiglie e le scuole sul tema dell’educazione digitale, promuovendo incontri, materiale informativo e momenti di confronto. Vogliamo creare una comunità educante attiva, che accompagni i bambini nella crescita anche in questo nuovo contesto tecnologico”.
- Un ultimo messaggio per chi vive accanto a bambini o adolescenti in difficoltà.
“Mai sentirsi soli. Il disagio psichico non è una colpa, né un destino. È una sfida che si può affrontare insieme, con la giusta alleanza educativa e con il supporto delle figure professionali adeguate. Se impariamo a guardare i nostri ragazzi con occhi nuovi – senza giudizio ma con fiducia – possiamo davvero contribuire a costruire un futuro migliore, fatto di vite non “interrotte”, ma pienamente vissute”.
L’intervista fa parte della campagna “Bambini e tecnologia: uso consapevole per crescere bene” promossa dall’Associazione “Ricomincio da Te” con la partecipazione del Dott. Serafino Pontone Gravaldi e in collaborazione con il Laboratorio Permanente “Officine Territoriali” Basso Lazio Abruzzo e Molise.