Stando a quel poco che filtra e si può dedurre sul disegno complessivo, l’operazione Dr ad Anagni (nello stabilimento ex Saxa) potebbe essere descritta come evocativa, impegnativa, ambiziosa e perfino romantica. L’investimento da 50 milioni, spostato dal sito centrale di Macchia d’Isernia per motivazioni tecniche legate a ostacoli nell’ampliamento di quei capannoni, e il trasferimento in Ciociaria con l’impiego di una forza lavoro aggiuntiva di circa 500 lavoratori e tecnici, appare anche solo uno step rispetto all’obiettivo complessivo che pare essere quello di consolidare l’identità italiana del gruppo dell’imprenditore Massimo Di Risio e di rafforzare la filiera, portando sul mercato modelli di fascia alta che uniscono storia, appartenenza, tecnologia e innovazione. Fermo restando che i progetti Dr andranno verificati progressivamente punto per punto, l’unità produttiva ciociara è destinata a diventare la prima linea di montaggio completa del gruppo molisano. Oggi nella sede centrale di Macchia d’Isernia, la società completa modelli che arrivano assemblati al 70% dalla Cina e principalmente da Chery Automobile. Ma anche derivati da altre case sempre del “celeste impero” come Jac e Baic. I modelli vengono commercializzati sotto i brand Dr, Evo, Sportequipe e Ich-X.
Dal 2022 sono diventati molisani i brand Osca e Itala, pronti a rivivere
Ma la svolta del sito anagnino imporrà novità profonde ed uno sforzo tecnologico ben più importante di quello descritto dall’investimento iniziale. Il progetto è di realizzare davvero auto italiane per quanto possibile. Un passo ulteriore rispetto a quanto realizzato dai primi anni 2000 ad oggi da Dr grazie alla forte partnership con i cinesi di Chery in particolare. Probabilmente si comincerà dai nomi e dal ripristino di due marchi iconici della storia dell’auto tricolore. Di Risio ha infatti rilevato Osca, storico brand nato a Bologna dai fratelli Maserati dopo l’uscita dalla casa madre. Osca chiuse nel 1967 e Di Risio ha acquistato il nome nel 2022. Sempre nello stesso anno l’imprenditore molisano ha acquisito anche il marchio Itala da una cordata genovese che ne deteneva la proprietà. Itala era una casa automobilistica torinese fondata nel 1903 e attiva fino al 1934, nota per la partecipazione alla Pechino-Parigi del 1907.
Il piano industriale nelle parole pronunciate ad Osaka 2025 dall’ad Tortola
Se questo fosse davvero il disegno per Anagni sarebbe come un insperato miracolo che resuscita in qualche misura l’auto italiana, oltretutto puntando dritto al segmento premium, e agganciando il prodotto alla filiera dell’indotto nazionale. Un’operazione che appare come una prima risposta tricolore allo smantellamento del comparto seguito alla cessione di Fca a Peugeot ed Eliseo del 2021, con la nascita di Stellantis ed un seguito di tagli d’organico, crollo delle produzioni, emarginazione degli stessi marchi nazionali nel paniere della mutinazionale a conduzione francese. Con il nuovo piano industriale – spiegano gli analisti specialmente dopo l’intervento dell’ad di Dr Automobiles, Antonella Tortola, all’expo di Osaka 2025 conclusosi il 13 agosto – l’azienda intende ridurre progressivamente la dipendenza dalla componentistica asiatica privilegiando forniture e collaborazioni con aziende italiane con l’obiettivo di costruire una filiera locale integrata.

L’autunno caldo per l’attesa che si inizi a reagire allo scacco francese
Ma notizie più precise si avranno solamente in settembre quando le strutture tecniche del ministero del Made in Italy riconvocheranno le parti, azienda e organizzazioni sindacali. Sul piatto ci sono il riassorbimento dei 67 lavoratori ex Saxa ai quali potrebbero aggiungersi oltre 400 assunzioni (ammesso che il piano di espansione per Macchia d’Isernia venga trasferito ad Anagni totalmente). L’autunno in arrivo sarà importante perché definirà anche il primo impatto – quanto a potenziali commesse – per l’indotto, devastato dal doloso azzeramento del sito di Piedimonte San Germano.
Certo l’impresa di Di Risio non è paragonabile alla portata di quello che era tra i più grandi siti industriali del centro sud italiano. Ma scommettere su un molisano, che pure s’è dovuto barcamenare tra difficoltà e insuccessi, non è peccare di ingenuità. Specialmente se rappresenta l’unico segnale che l’imprenditoria del Paese dà dopo lo choc inflitto al primo comparto manifatturiero nazionale, senza che nessuno abbia mosso un dito. Fino ad oggi. *In copertina il montaggio Dr a Macchia d’Isernia in un frame di Tv Molise.