C’è un punto, lungo Corso Lazio, dove il tempo sembra essersi fermato. Tra cantieri, asfalto nuovo e cartelli che promettono “riqualificazione”, un monumento resta lì, immobile e ferito. È la statua del Bersagliere di Isola del Liri, un’opera che racconta una storia di coraggio, di memoria e di dedizione artistica, ma che oggi giace dimenticata, segnata dal degrado e dall’indifferenza.
A parlarne, con un misto di amarezza e affetto, è Sergio Lombardi, lo scultore che ha dato forma e vita a quel bronzo dedicato al soldato Bruno Carloni, caduto sul fronte russo.
“Ci ho lavorato per sei mesi,” racconta Lombardi. “Ogni dettaglio è stato pensato per restituire dignità a un eroe e per consegnare alla città un simbolo di memoria collettiva. Vederla oggi in queste condizioni mi addolora profondamente”.


Un simbolo di memoria lasciato nell’abbandono
Un dolore che non è solo personale, ma civile. Perché dietro a questa statua trascurata si nasconde una domanda più ampia: che posto occupa davvero l’arte nella nostra agenda politica e culturale?
A Frosinone, troppo spesso, l’arte è evocata negli slogan, celebrata nei comunicati, ma abbandonata nella realtà dei fatti. Le statue, i murales, le opere pubbliche diventano parte del paesaggio solo finché servono alla narrazione del momento. Poi, svaniscono nel silenzio dell’ordinario.
Il paradosso è evidente: quando viene imbrattato il monumento a Turriziani, l’intervento di pulizia è immediato. Ma quando a essere colpita è un’opera “minore”, come quella di Lombardi, tutto tace. E allora la domanda si fa inevitabile: esiste forse un’arte di serie A e un’arte di serie B? Perché la cura e il rispetto dovrebbero valere solo per alcuni simboli e non per tutti?
Riqualificazione urbana senza cultura: un errore da non ripetere
Oggi Corso Lazio è un quartiere in trasformazione: nuovi progetti, nuove strade, nuove piste ciclabili. Eppure, nel cuore di questa modernizzazione, il monumento resta un corpo estraneo, dimenticato. Un segno che qualcosa non torna, che la riqualificazione urbana non può prescindere da quella culturale.
Se si vuole parlare davvero di rigenerazione, bisogna partire dai simboli, da ciò che racconta la storia e l’identità di una comunità. E questa statua, con la sua vicenda, diventa un banco di prova per l’amministrazione e per tutti i cittadini.
L’appello di Sergio Lombardi: “Ridiamo dignità alla nostra arte”
Lombardi, dal canto suo, non si arrende. “Se il Comune volesse, io sarei pronto a restaurarla personalmente,” spiega. “Non chiedo altro che l’entusiasmo e il sostegno per ridarle dignità”.
Un appello che dovrebbe far riflettere: perché l’arte non è un ornamento, ma un modo di guardare la città, di capirla e di prendersene cura. E forse proprio da questa statua dimenticata, da questo bronzo che chiede ascolto, potrebbe partire un nuovo discorso: quello di una città che decide finalmente di mettere l’arte al centro, non come vetrina, ma come responsabilità condivisa.