Acqua a peso d’oro, Frosinone la città più cara d’Italia

In media ogni famiglia italiana paga 379 euro ma in Ciociaria per il servizio idrico l'esborso annuale ammonta a 666 euro

Frosinone si conferma la città più cara per quanto riguarda il servizio idrico. A rivelarlo il Report tariffe, qualità e investimenti nel servizio idrico, pubblicato dal Centro Studi Ircaf. L’indagine ha riguardato 111 città (109 capoluoghi di provincia) d’Italia per un campione di circa 18 milioni di abitanti.

Nel 2023 il costo annuo per una famiglia italiana media è stato di 379 euro, con differenze rilevanti tra le varie aree geografiche del Paese. Nel Nord-Ovest è di 313 euro, nel Nord-Est di 365 euro, al Centro si registra il dato più elevato pari a 501 euro mentre nel Sud-Isole il costo per la famiglia media è di 354 euro.

Sono differenze rilevanti, spiegano dal Centro Studi, con molte cause fra le quali “efficienza e tipologia dei gestori, livelli di investimento, politiche attuate dai vari gestori, fonti di investimento, morfologia del territorio, numeri di utenti serviti, dati relativi alle perdite della rete e numerose altre”.

Rispetto al report del 2022 la spesa media è aumentata del +4,27%, a fronte di una inflazione 2022 del +8,1% e tendenziale a febbraio 2023 del +9,2%. Nell’arco temporale che va dal 2011 al 2023, l’incremento tariffario idrico è stato del 75% a fronte di un indice NIC Istat nel medesimo periodo di inflazione del 18,4%.

Le città nelle quali l’acqua costa di più nel 2023 sono Frosinone, che guida la classifica della spesa con 666 euro, seguita da Enna (663 euro), Pisa (622 euro), Grossetto (617 euro) e Siena (614 euro). Le altre città hanno tariffe sempre superiori ai 500 euro, da Livorno a Firenze.

“Le città dove invece l’acqua risulta più economica nel 2023 sono state Imperia € 170, Como € 207 e Milano con € 214 – spiega il Centro Studi – vi sono anche altre città che sono più economiche ma che non hanno il servizio affidato al gestore unico e sono con gestione in economia”.

Le ragioni che incidono sulle diversità tariffarie sono diverse, spiega il Centro Studi. Fra queste ci sono lo stato di avanzamento dell’affidamento del servizio ai gestori; gli investimenti realizzati, la disponibilità di un finanziamento esterno; l’efficienza delle gestioni, le politiche tariffarie, la concentrazione degli utenti serviti, la quantità di acqua distribuita, i costi di energia elettrica e di potabilizzazione; i livelli garantiti di qualità contrattuale, le perdite di rete, la qualità dell’acqua fornita, il grado di copertura del servizio di depurazione e fognatura, l’assetto idrogeologico; le differenti fonti di approvvigionamento a disposizione, la morfologia del territorio; la distanza tra fonti di approvvigionamento e reti di distribuzione.

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