“La ‘storia infinita’ è stata un’indagine che ha fatto da spartiacque tra la città onesta e laboriosa e quella vissuta in maniera occulta e illecita. Da un episodio grave inerente un tentato omicidio, grazie all’acume investigativo dei carabinieri da me coordinati, siamo riusciti a ricostruire un mondo parallelo con al centro lo spaccio di droga, le ritorsioni, l’estorsione stile Gomorra. Un impianto accusatorio che ha trovato conferma in tutti i gradi di giudizio e questo ha certificato la bontà delle indagini“. A parlare è il magistrato Maria Beatrice Siravo che, dopo aver prestato servizio per due decenni presso la Procura di Cassino, tra qualche settimana approderà presso la Procura Generale di Napoli. Un incarico di prestigio che va ad arricchire una carriera costellata di successi.
Tra le tante inchieste portate avanti a Cassino, spicca su tutte quella sull’omicidio della diciottenne di Arce, Serena Mollicone: “non abbiamo tralasciato nessun aspetto per cercare di fare piena luce su quanto accaduto alla giovane. È stato fatto il possibile perché simili episodi non dovrebbero mai accadere e soprattutto quando accadono non devono mai essere sottovalutati”. Un pm sensibile ma nello stesso tempo di polso, la dottoressa Siravo ricorda anche l’avvio della carriera: “ai miei tempi in magistratura eravamo poche donne, veramente poche e tutte costrette a combattere quotidianamente contro una schiera di colleghi. Per questo abbiamo dovuto faticare il doppio. Sono stati anni difficili, di grandi sacrifici e di grandi rinunce ma non ho mai avuto esitazione o pentimento per la strada intrapresa. Anche se ci sono stati momenti bui e dolorosi”.
Tornando all’esperienza a Cassino e facendo un bilancio delle vicende dolorose, il giudice ricorda soprattutto “una storia di violenza fra le mura domestiche, dove la vittima era una ragazzina. Ricordo il dolore nel suo racconto e la paura di non essere creduta. Perché le violenze arrivavano dal padre. Abbiamo avviato un’attività investigativa discreta, silente fatta di intercettazioni ambientali e telecamere. Dinanzi a una amara verità la madre finalmente ha creduto alle parole della figlia e l’uomo è stato condannato al massimo della pena prevista per quel tipo di reato. E il ringraziamento da entrambe è stato la mia più grande soddisfazione“.
L’omicidio Palleschi
Inevitabile a questo punto un passaggio su uno degli omicidi più efferati avvenuti nel frusinate negli ultimi anni, quello della professoressa Gilberta Palleschi trovata senza vita in un bosco di Campoli Appennino dopo una sparizione durata 40 giorni. “È triste dover pensare che il nostro lavoro, parlo dei magistrati, arrivi solo quando ormai è oramai accaduto l’irreparabile. La morte di Gilberta poteva essere evitata se ci fosse stata rete, unione fra enti. Perché Antonio Palleschi si era già macchiato di un tentativo di stupro e per quel reato era stato condannato e aveva trascorso un periodo in carcere. Una volta rimesso in libertà tutti gli enti preposti avrebbero dovuto sorvegliare sul suo percorso di recupero. Qualcosa non ha funzionato ed è accaduto l’irreparabile. Per questo è necessario cambiare la mentalità quando si affrontano delle determinate tematiche. Centri di violenza, comuni, enti dovrebbero interagire quotidianamente con la magistratura anche solo per segnalare un fatto banale perché dai piccoli episodi, spesso sottovalutati, scaturiscono delle grandi tragedie”.