Da Leone ad Aron, escalation di sevizie sugli animali. Bruzzone: “Predatori pericolosi e senza anima”

Dietro le crudeltà "predatori socialmente pericolosi" ed è forte il rischio della giustizia 'fai da te'. Ce lo spiega l'eminente criminologa

Prima il caso di Leone, il gattino scuoiato vivo ad Angri e lasciato agonizzante in strada. Un micino che si è battuto con tutto se stesso per sopravvivere, accudito e curato dai veterinari del Canile di Cava de’ Tirreni, ma che non è riuscito a vincere l’inferno delle cattiverie che gli sono state inflitte gratuitamente. Dopo quattro lunghi giorni, il corpicino straziato dalla mano (dis)umana, non ce l’ha fatta. Il suo minuscolo cuore, torturato dalle brutture di qualche balordo, non ha retto. Un caso che ha smosso le coscienze dell’Italia intera. Emblematiche le fiaccolate organizzate nel centro in provincia di Salerno dove è stato trovato il piccolo Leone (ribattezzato così proprio per la sua tenacia, l’attaccamento alla vita), quelle di Milano, i gruppi social che invocano giustizia per questo essere indifeso e martoriato. Poi, è stato un crescendo di crimini atroci verso altre anime pure. L’escalation del terrore ha mietuto tante vittime innocenti: Leone 2, a cui – secondo quanto si apprende dai media nazionali – un bambino di 10 anni non nuovo a maltrattamenti sugli animali, ha fatto scoppiare un petardo in bocca nel giorno di Capodanno a San Ferdinando di Puglia. Anche questo micio, dopo aver perso la vista, con la bocca compromessa, gli organi danneggiati, è stato curato e operato da infaticabili volontari, ma neppure lui è sopravvissuto alla ferocia. Una ferocia ancora peggiore se la si pensa scaturita da una manina che quel pelosetto lo avrebbe dovuto accarezzare, non violentarne il corpo fino ad ucciderlo. Una manina che già una volta si sarebbe macchiata del sangue di una mamma gatta, a cui avrebbe spappolato la testa mentre allattava i suoi due cuccioli.

Poi è arrivato il caso di Aron, il pitbull legato ad un palo e bruciato vivo in strada dal suo padrone che si è giustificato asserendo che il povero cane fosse posseduto dal diavolo. Anche Aron ha dovuto attraversare l’inferno prima del ponte dell’arcobaleno, devastato da colui che più di tutti avrebbe dovuto amarlo ed invece si è rivelato uno spietato aguzzino. È stata quindi la volta di Grey, l’anziano e malato gatto calciato ‘per gioco’ in una fontana di Alberobello in una gelida notte di gennaio da una adolescente con il desiderio di guadagnarsi un minuto di sporca gloria sui social, mentre la bestiola moriva assiderata e annegata. E in mezzo a questo squallido quadro, ci sono passati anche Oil, gattino seviziato con l’olio bollente a Latina. Uno scricciolo. Nonostante le cure nella clinica veterinaria Galilei e le speranze di tutti è morto. Prima ancora, in Ciociaria, il caso della capretta di Anagni, ammazzata a calci – secondo quanto ricostruito dalla Procura di Frosinone – da un 20enne durante una festa di compleanno e che adesso è indagato per uccisione di animale mentre altri 5 suoi amici lo sono per istigazione. Anche in quel caso il massacro è finito sui social con lo scopo di accaparrarsi notorietà. Ma è solo la punta dell’iceberg: quasi all’ordine del giorno emergono storie dell’orrore che raccontano di incolpevoli vittime seviziate per diletto, per fama, per procurarsi piacere. Vicende che spezzano il cuore. Una strage che fa paura, perché gli orchi camminano tra noi, travestiti da gente comune. Veri e propri criminali fanno scempio di creature senza colpe, riscuotendo il loro tributo di sangue e supplizio, e poi indossano la maschera della quotidianità come se tutto quel raccapriccio non fosse accaduto, quella ripugnanza, quella oscenità fosse il sogno della notte appena trascorsa.

Mentre c’è chi si prodiga ogni giorno per aiutare randagi, associazioni, colonie, chi battaglia in tv per educare, sensibilizzare, i casi di violenze inaudite si moltiplicano. Cresce l’indignazione pubblica, ma anche la paura per chi o meglio cosa, si celi dietro tali gesti. “Esseri dalla conclamata pericolosità sociale”: questo l’eminente punto di vista, lucido e responsabile dell’esperta dottoressa Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense, la quale si è occupata dei delitti più efferati della recente storia italiana, e che abbiamo avuto il piacere di intervistare su questo tema quanto mai attuale e scottante.

Il fil rouge mediatico che lega le terribili vicende

Analizzando la recrudescenza di tali episodi riprovevoli, ci siamo chiesti se fossero legati tra loro da un unico filo amplificato dall’etere, da quella cassa di risonanza che proietta queste squallide gesta tra tv, giornali, web per il dovere di cronaca e il diritto di legittima condanna, ma che purtroppo in alcuni casi, con la collaborazione dei social, ‘solletica’ le menti malate di veri e propri predatori dai cuori d’acciaio. Roberta Bruzzone non ha dubbi: “Assolutamente sì. Mettendo per un attimo a latere il caso del padrone di Aron, un soggetto con evidenti problematiche psichiatriche che comunque non lo giustificano affatto, purtroppo negli altri episodi gli autori di atti di violenza la perpetrano, la filmano e la diffondono perché sono estremamente affascinati dalla possibilità di concentrare l’attenzione su di sé, anche passando da mostri. Molti ragazzi, soprattutto giovanissimi, hanno come obiettivo quello della popolarità ad ogni costo, al di là della condotta, anche ricorrendo alle iniziative più ignobili e disgustose come fare del male ad un animale. C’è poi un secondo aspetto da considerare, ossia il messaggio che intendono veicolare: “guardate come sono feroce, come sono mostruoso nella mia crudeltà”, un’informazione che nasconde in realtà il loro timore di essere considerati fragili, vulnerabili, ‘sfigati’. Ci si muove dunque su un duplice canale: da un lato, qualunque tipo di comportamento, soprattutto malvagio, nocivo, letale è un modo per attirare la luce sulla propria persona. Per un pugno di like si è disposti ad uccidere povere creature senza la ben che minima esitazione. Esempi eclatanti il caso del micio Grey di Alberobello e della capretta di Anagni. Dall’altro lato c’è il bisogno disperato e anomalo di far passare un’idea di sé lontanissima dai concetti di empatia e sensibilità che purtroppo oggi sono diventati elementi negativi nell’auto-raffigurazione onnipotente e patologica che tali giovani hanno maturato. La maggior parte di questi ragazzi ha alle spalle una famiglia disfunzionale ma non necessariamente dal punto di vista socio-economico, disfunzionale perché non sono stati presi in considerazione da nessuno, non gli sono stati imposti argini e insegnati valori, quindi qualunque cosa va bene pur di assumere importanza. A dover riflettere attentamente sono per cui anche i genitori perché è evidente che abbiano fallito in maniera clamorosa”.

La pericolosità sociale di questi soggetti

“Il comportamento di questi soggetti, a livello psicologico, ci dice una cosa fondamentale: la loro personalità è priva di empatia, per cui è malevola per definizione. Se non si è in grado di percepire il dolore di una creatura non si riesce a trasformare quella nozione in uno strumento che aiuti a non generare sofferenza ma anzi, il patimento altrui gratifica questi esseri. Per cui la conclusione è solo una: la traiettoria di quel soggetto è profondamente deviata e prima o poi non si accontenterà di fare del male ad un animale indifeso ma cercherà ‘prede’ più grosse. Essendo persone squilibrate e distorte, la loro storia di abusi si ripercuoterà anche sulle future relazioni, familiari e non”, afferma l’esperta. D’altronde, la cronaca nera più volte ci ha insegnato che feroci assassini seriali hanno iniziato la loro ‘carriera’ sperimentando sugli animali. Precedenti che necessariamente devono indurre a riflettere con molta preoccupazione.

Leone, una delle violenze più atroci compiute dalla mano umana

“Il caso del gattino Leone, scuoiato vivo e lasciato per strada ad Angri è stato uno degli atti più crudeli che io ricordi – prosegue la criminologa e psicologa -. Un esserino che è stato costretto a provare un dolore senza fine, inimmaginabile, è stato straziato da un soggetto ancora non identificato: uno psicopatico veramente pericoloso a piede libero a cui mi auguro venga presto dato un volto. Non mi sento di escludere che anche dietro questa abominevole violenza ci possa essere un ragazzino come nel caso di Leone 2, massacrato con i petardi a Capodanno. Può aver acquisito le competenze adatte a compiere un gesto così ignobile anche attraverso il web, dove oramai si trova qualunque cosa. E pericolosi al suo pari sono coloro che hanno ripreso le loro esecrabili ‘prodezze’ in video: far del male a qualcuno che non può difendersi, soprattutto innocente come un animale, e ritenere che quanto fatto vada addirittura pubblicizzato mi fa ritenere che questi giovani siano difficilmente recuperabili. Di conseguenza, vanno trattati e considerati come tali: predatori, questo sono”.

Il rischio concreto della giustizia ‘fai da te’

Di fronte a tali brutalità, ci si sente il più delle volte impotenti. Nonostante in molti casi i nomi degli autori siano stati resi noti, nonostante il Codice Penale in vigore in Italia reciti testualmente “Il nuovo articolo 544-bis c.p.(Uccisione di animali) punisce con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale. L’articolo 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali) punisce con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro, chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevizie, o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. La stessa pena è comminata a chi somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate o li sottoponga a trattamenti che provochino danno alla salute degli stessi. Si prevede infine un aumento della metà della pena qualora dai fatti di cui al comma 1 derivi la morte dell’animale”, purtroppo, molto spesso, questi crimini restano impuniti o puniti solo parzialmente.

Lo sdegno corre veloce, così come la collera, il dispiacere disperato e senza fine, e a nostro avviso c’è la possibilità che si possa paventare un risvolto inverso, una spinta alla cosiddetta giustizia ‘fai da te’. Abbiamo per cui chiesto alla ferrata dottoressa quanto questo rischio sia reale e concreto: “Io sono certa – spiega Roberta Bruzzone – che prima o poi succederà, sono convinta che se lo Stato non prende posizioni dure, inasprendo le leggi e le conseguenze per questi soggetti, scatterà tale meccanismo. Sappiamo che la maggior parte degli aguzzini sono noti, questa cloaca di imbecilli i video li pubblica e diffonde da solo il proprio viso ovunque. Se qualcuno di particolarmente sensibile al tema e parecchio arrabbiato si stancasse del fatto che questa gente non stia pagando per le proprie azioni depravate, potrebbe prendere di petto la situazione e anche combinarla grossa. Chiaramente nessuno si augura ciò, ma temo che oramai sia questione di quando e non di se”.

La prevenzione

Ma esiste un modo di prevenire queste terrificanti vicende? “Nel caso di soggetti con problematiche psichiatriche l’unica possibilità è una presa in carico e poi un ricovero a medio-lungo termine. Si tratta di soggetti che difficilmente hanno modo di essere reinseriti o rieducati poiché la maggior parte di essi ha complessi psicotici molto seri. Vanno messi in condizione di non nuocere né a sé né ad altri o a creature innocenti. Nella fattispecie dei ragazzini, il problema è che sono stati danneggiati in maniera irrecuperabile. Chi manca di empatia non ha un’anima e quella è una disabilità non colmabile. Se il dolore altrui non ti ferma ma ti galvanizza ed eccita significa che hai smesso di essere umano da un bel pezzo. Il problema è anche dei loro genitori che continuano a difenderli affermando che si tratti di ragazzate piuttosto che comprendere che invece sono frutto del loro progetto educativo totalmente degradato e fallito”, così conclude la dottoressa Bruzzone.

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day, e presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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