Sin Valle del Sacco, FdI dalle battaglie dell’ambientalismo eccessivo alla svolta “confindustriale”

La conversione di Fratelli d'Italia Ceccano: dalla grande protesta contro la puzza e l'inquinamento alla richiesta di ridurre l'area del sito

Come può andare d’accordo una “riperimetrazione riduttiva” del Sin Valle del Sacco con gli anni delle plateali ed allarmate battaglie contro l’inquinamento pervasivo di aria, acqua e suoli e con le invettive ad alzo zero contro la giunta Zingaretti ed i governi del centrosinistra rei di non aver attuato bonifiche e misure di tutela della popolazione? Essendosi spinte, anzi, perfino a “ridurre” il Sin da nazionale a regionale?

Le domande vanno poste a Fratelli d’Italia, in particolare all’onorevole Massimo Ruspandini che, insieme all’ex sindaco Roberto Caligiore ed all’ex assessore comunale Riccardo Del Brocco, è sempre stato in prima linea a Ceccano contro la “grande puzza”, contro l’inquinamento del fiume (tra schiuma maleodorante e pesci pancia all’insù), l’avvelenamento dei terreni, l’altissima incidenza di tumori. La questione non è relativa alla pratica, pur necessaria per la stampa indipendente, di restare col fiato sul collo della classe dirigente. Ma soprattutto alla necessità di controllare quel che dicono e fanno i rappresentanti territoriali di quello che è ormai il principale partito della nazione, al governo ovunque e responsabile di tutte le scelte che contano per i territori. Quindi anche per la Valle del Sacco. Per la quale, francamente, dopo tanti comizi, manifestazioni e proteste, si sarebbero immaginati proposte e impegni conseguenti. Invece sabato scorso ci siamo ritrovati di fronte all'”impegno per porre fine, nel rispetto delle esigenze di tutela dell’ambiente, ai vincoli e alle complicazioni tecnico/burocratiche che limitano la vita di imprese e famiglie nei territori dei paesi ciociari che ricadono nell’area SIN”.

Un tempo c’erano “estese e pericolose forme di inquinamento”

Va bene che essere al potere – e non più all’opposizione – fa cambiare qualche opinione (del resto è avvenuto alla Meloni dalle accise sui carburanti allo sterminio dei palestinesi e figurarsi se non può verificarsi per un semplice membro di Montecitorio). Ma quando c’è di mezzo la qualità della vita della tua gente, minacciata dall’inquinamento e dalle mancate bonifiche della sinistra (appunto), la distanza tra palco e realtà dovrebbe essere ben più ridotta e decisamente meno incoerente. Ecco perché – rispetto alla versione del 21 giugno scorso – erano più confortanti i tempi col primo cittadino di Ceccano di allora, Roberto Caligiore, alla guida del fronte del “diritto al respiro” e contro la grande puzza. C’era pure Massimo Ruspandini a protestare ed a chiedere bonifiche della Valle del Sacco e risanamenti. Il 21 dicembre del 2020 il deputato ceccanese firmò con l’attuale assessore al Bilancio regionale Righini una nota che andava solo condivisa, contro il centrosinistra dell’epoca: “Colpisce molto che a fronte dei dati forniti da Arpa Lazio nel webinar di oggi sull’elevato tasso d’inquinamento dell’aria nei principali centri urbani della Valle del Sacco con decine di sforamenti dei limiti consentiti per le polveri sottili, che peraltro si verificano da decenni, non ci siano dichiarazioni della giunta di Sinistra del Lazio sull’approntamento di strutture sanitarie dedicate alla cura delle diverse forme tumorali diffuse in alta percentuale tra la popolazione locale a causa delle ingenti, estese e pericolose fonti di inquinamento del terreno, delle acque e dell’aria”.

Il declassamento del sito a livello regionale del 2022, poi la bocciatura

Siamo a maggio del 2022 e si apprende dell’iniziativa congiunta del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani di procedere alla sospensione del decreto di perimetrazione del Sin (Sito di interesse nazionale) Bacino del fiume Sacco. Una decisione condivisa anche dalla Regione Lazio, come ebbe modo di rimarcare nel corso dell’assemblea generale di fine aprile di Unindustria, il presidente Nicola Zingaretti. Ne seguì una doverosa e condivisibile levata di scudi del centrodestra di allora, col gruppo di Ceccano consapevolmente e responsabilmente alla ribalta della protesta. Poi, il 12 luglio 2022, il ministero della Transizione ecologica (Mite) fortunatamente bocciò la richiesta di riperimetrazione riduttiva. «È inconcepibile gettare alle ortiche il lavoro delle Conferenze di servizi per la riperimetrazione del Sin alle quali ha partecipato compatto il territorio della Valle del Sacco: dalle amministrazioni locali agli ordini professionali, alle associazioni», commentarono in quei frangenti il circolo Legambiente di Anagni e la Rete per la tutela della Valle del Sacco, rimasti a controllare in maniera vigile e costante quel che avveniva nelle stanze del potere.

Nel bacino del fiume Sacco, il decreto del 22 novembre 2016, arrivato 11 anni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, definiva il perimetro del sito: un’area di 7.300 ettari che comprende 19 comuni, in cui vivono 220mila persone e operano almeno 79 aziende. Veniva considerato un passo avanti, dopo il ricorso al Tar vinto da Legambiente contro il declassamento del sito Valle del Sacco dall’elenco di quelli di interesse nazionale deciso nel 2013 dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Con la sentenza del 17 luglio 2014, il sito del bacino del fiume Sacco era tornato nell’anagrafe delle aree italiane più inquinate, elemento essenziale per procedere al ripristino. Ne sembrava soddisfatto anche il centrodestra.

La riperimetrazione restrittiva assomiglia ad un voler minimizzare il problema

Evidentemente non era così visto che oggi viene definita “svolta” quella che vorrebbe spiegare ai residenti – tra Colleferro e Ceprano – che ridurre il Sin sarebbe cosa buona e giusta. Tanto per cominciare perché gli industriali, dopo aver tirato la giacca a Zingaretti adesso stanno facendo lo stesso con Rocca. Per la verità il “ravvedimento” ufficiale di Ruspandini lo si può far risalire almeno al 18 novembre 2024 quando sui giornali, a seguito dell’iniziativa sulla riperimetrazione riduttiva del Sin della Valle del Sacco in animo alla giunta regionale e annunciata ad ottobre dello scorso anno, annuncia con contrizione: “Ci siamo lasciati andare, anche per rincorrere un ambientalismo in maniera sicuramente eccessiva”. Allora quelle proteste non erano sincero allarme ma timore di vedersi sfuggire l’argomento elettorale buono per un’opposizione puntuta? Il passaggio definitivo dall’ambientalismo “eccessivo” a quello in “stile confindustriale” avviene proprio nei giorni scorsi, dove la preoccupazione principale dei proponenti meloniani diventa quella che, dal 2005, “aziende e cittadini vivono nell’incertezza di quel che accade, di quello che è stato e di quel che sarà”.

L’obiettivo oggi è escludere quei territori in cui l’acqua ed il sottosuolo “non risultino pericolosamente inquinati”. La lezione per chi siede fuori dal palazzo è che quando si è al potere evidentemente si hanno meno rogne minimizzando i problemi. Pure quelli che andrebbero invece finalmente affrontati, dopo anni di centrosinistra fintamente ambientalista, inconcludente sulle bonifiche, irresponsabile su presidi sanitari e registro tumori e pronto solo ad autorizzare impianti di sicuro impatto ambientale.


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Stefano Di Scanno
Stefano Di Scanno
Giornalista Professionista

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