The Departed, Scorsese e il doppio inganno: anatomia morale di un capolavoro thriller

Ispirato al film hongkonghese Infernal Affairs (2002), il regista newyorkese lo rielabora con intelligenza e profondità

Con The Departed (2006), Martin Scorsese firma un altro capolavoro della sua carriera registica, un’opera che fonde magistralmente tensione narrativa, costruzione dei personaggi e una regia dal respiro epico, pur mantenendo salda l’intensità drammatica di un thriller urbano. Ispirato al film hongkonghese Infernal Affairs (2002), il regista newyorkese lo rielabora con intelligenza e profondità, trasportando la vicenda nella Boston contemporanea, in un contesto dove criminalità organizzata e corruzione istituzionale si intrecciano in maniera viscerale e inestricabile. La sceneggiatura di William Monahan si distingue per una struttura solida e un impianto narrativo rigoroso, capace di equilibrare i molteplici registri del racconto: dal poliziesco classico alla tragedia shakespeariana, passando per una riflessione amara sull’identità e il doppio.

La trama

Il plot ruota attorno a due figure speculari: Billy Costigan (Leonardo DiCaprio), giovane agente sotto copertura infiltrato nella gang del boss Frank Costello (Jack Nicholson), e Colin Sullivan (Matt Damon), pupillo dello stesso Costello, infiltrato nella polizia statale del Massachusetts. In questo gioco di specchi, dove verità e finzione si confondono, si innesca una spirale di tensione crescente che esplode in un finale di sconvolgente brutalità e coerenza tragica.

La scrittura dei personaggi

Uno degli elementi distintivi di The Departed risiede nella straordinaria profondità e complessità con cui sono delineati i personaggi, frutto di una sceneggiatura meticolosa di William Monahan. Monahan, grazie alla sua intima conoscenza di Boston e dei suoi abitanti, ha creato figure che incarnano con autenticità le sfumature morali e psicologiche di una società segnata dalla dualità e dall’inganno.

Billy Costigan, interpretato da Leonardo Di Caprio, è il fulcro emotivo del film. La sua lotta interna tra l’identità di poliziotto e l’infiltrazione nel mondo criminale riflette una crisi esistenziale profonda. La sua vulnerabilità, espressa attraverso gesti e sguardi, evidenzia il peso psicologico dell’inganno e la paura costante di essere scoperto. La relazione con la psicologa Madolyn, che nota la sua fragilità, aggiunge ulteriore spessore al personaggio, mostrando come l’umanità possa emergere anche nei contesti più oscuri.

Colin Sullivan, interpretato da Matt Damon, rappresenta l’antitesi di Costigan. Cresciuto sotto l’influenza di Frank Costello, Sullivan incarna la corruzione istituzionalizzata. La sua ascesa nella polizia, facilitata dalla propria doppia identità, mette in luce la facilità con cui il male può infiltrarsi nelle strutture del potere. L’apparente sicurezza nasconde un vuoto morale, evidenziato dall’incapacità di stabilire relazioni autentiche e da una crescente paranoia.

Frank Costello, portato in scena da Jack Nicholson, è un personaggio che trascende il ruolo del semplice antagonista. Ispirato al vero criminale Whitey Bulger, Costello è un uomo che esercita il controllo attraverso il terrore e la manipolazione. La sua figura paterna perversa nei confronti di Sullivan e, in misura minore, di Costigan, sottolinea la tematica della paternità distorta e dell’influenza nefasta dell’autorità corrotta. Nicholson, con una performance che alterna momenti di calma inquietante a esplosioni di violenza, conferisce al personaggio una dimensione quasi mitologica.

Madolyn, interpretata da Vera Farmiga, sebbene abbia un ruolo minore, è cruciale nel rappresentare la connessione emotiva tra i due protagonisti. La sua relazione con entrambi evidenzia l’inconsistenza delle identità costruite e la difficoltà di mantenere una coerenza morale in un mondo dominato dall’inganno. Attraverso Madolyn, il film esplora la possibilità di redenzione e la ricerca di autenticità in un contesto di falsità.

La scrittura dei personaggi in The Departed è un esempio magistrale di come la sceneggiatura possa elevare un film di genere a un’opera di profonda introspezione psicologica. Ogni personaggio è costruito con cura, dotato di motivazioni credibili e conflitti interiori che rispecchiano le ambiguità morali della società contemporanea. La loro interazione crea una rete narrativa complessa, in cui le scelte individuali hanno ripercussioni significative, sottolineando la responsabilità personale in un mondo dove il confine tra bene e male è spesso sfumato.

Il cast

Il cast è semplicemente monumentale. Leonardo Di Caprio offre una delle sue interpretazioni più intense, restituendo con grande sensibilità il tormento psicologico di un uomo che vive sul filo del rasoio, divorato dal peso della sua missione e dalla perdita di identità. Matt Damon è altrettanto convincente nel tratteggiare la glaciale ambiguità del suo personaggio, abilmente camuffato dietro una maschera di efficienza e integrità. Ma è Jack Nicholson, nella parte del carismatico e inquietante Frank Costello, a dominare la scena: la sua performance, volutamente sopra le righe, conferisce al film un’aura quasi mitologica, incarnando il volto seducente e terrificante del potere criminale.

La regia

Con The Departed, Martin Scorsese conferma non solo la sua maestria tecnica, ma anche una lucidità autoriale rara nel saper rileggere il genere gangster attraverso una lente contemporanea e profondamente morale. La regia del film è tanto invisibile quanto potentemente presente: ogni scelta stilistica, ogni movimento di macchina, ogni raccordo di montaggio è al servizio della narrazione, contribuendo a costruire un senso di inquietudine costante e crescente. Scorsese non si limita a dirigere: orchestra. Il suo sguardo è chirurgico, preciso, mai compiaciuto, capace di alternare con naturalezza momenti di tensione compressa a deflagrazioni di violenza repentina. L’utilizzo della steadycam e dei piani sequenza conferisce fluidità alla messa in scena, mentre le inquadrature soggettive e i tagli improvvisi amplificano l’instabilità dei personaggi, rispecchiando il loro stato mentale alterato e precario.

Particolarmente significativo è l’uso dello spazio: Boston, pur non avendo lo stesso peso mitico della New York scorsesiana, diventa una città-labirinto, densa di strade, cunicoli e ambienti chiusi, che riflette la condizione dei protagonisti intrappolati in ruoli che li consumano. Gli uffici della polizia, i bar malfamati, gli appartamenti angusti: ogni ambiente è carico di significato e diventa teatro di tensioni latenti e scelte irreversibili.

Un altro tratto distintivo della regia è l’attenzione maniacale al ritmo. In collaborazione con la storica montatrice Thelma Schoonmaker, Scorsese costruisce un’alternanza serrata di scene che non concede tregua allo spettatore, ma senza mai sacrificare la profondità emotiva. L’equilibrio tra azione e introspezione è perfettamente calibrato: la regia non schiaccia i personaggi, ma li esalta, facendoli emergere come veri protagonisti di un dramma più grande di loro. L’uso dei simboli è sottile ma efficace: l’onnipresenza del crocifisso, gli specchi, le immagini religiose e la celebre “X” che anticipa visivamente la morte di alcuni personaggi, sono tutti segni che arricchiscono la narrazione con una stratificazione visiva densa di richiami interni. Scorsese si muove sul confine tra realismo crudo e simbolismo quasi metafisico, trasformando The Departed in una tragedia moderna in cui il fato sembra ineluttabile.

Infine, la direzione degli attori merita una menzione particolare. Scorsese estrae interpretazioni straordinarie da un cast corale complesso, lavorando su sfumature, tensioni interne e relazioni ambigue. La regia si fa quasi invisibile nell’intimità dei dialoghi, eppure è sempre presente nella composizione delle inquadrature, nel controllo dei tempi, nell’equilibrio tonale. In The Departed, Martin Scorsese dimostra ancora una volta che la regia non è solo una questione di estetica o stile, ma un atto narrativo e morale. Ogni scelta visiva e strutturale partecipa alla costruzione di un mondo narrativo coerente, disturbante, affascinante. Un film che, pur muovendosi nel territorio del crime thriller, si eleva a riflessione universale sul potere, la menzogna e l’identità.

Il montaggio

Scorsese costruisce la narrazione con il consueto virtuosismo visivo: il montaggio nervoso di Thelma Schoonmaker, collaboratrice storica del regista, scandisce il ritmo incalzante della storia con una precisione chirurgica, mentre la fotografia di Michael Ballhaus avvolge la pellicola in una luce fredda e claustrofobica, accentuando la sensazione di paranoia e ambiguità morale. La regia evita l’effetto estetizzante e preferisce un linguaggio asciutto, funzionale alla narrazione e coerente con l’ambientazione urbana degradata e violenta.

La colonna sonora

La colonna sonora, che alterna pezzi rock classici (memorabile l’uso di “Gimme Shelter” dei Rolling Stones) a momenti di tensione diegetica, accompagna con efficacia la progressione drammatica, amplificando il senso di costante precarietà e tradimento che permea la pellicola. Non si tratta solo di un commento musicale, ma di un elemento narrativo vero e proprio, in grado di rafforzare la stratificazione emotiva del film.

Molto più che un remake

The Departed è molto più di un remake: è un’opera compiuta, stratificata e profondamente americana, capace di riflettere con lucidità sui temi della lealtà, del tradimento e dell’identità in una società dominata dall’illusione del controllo e dalla pervasività del potere. Il film ha meritatamente ricevuto quattro Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Regia, segnando finalmente il riconoscimento dell’Academy a un autore che aveva già scritto pagine fondamentali nella storia del cinema. The Departed è un thriller teso e potente, ma anche una tragedia moderna che, sotto la superficie del genere, esplora con profondità e intelligenza l’animo umano, confermando ancora una volta Martin Scorsese come uno dei massimi narratori visivi del nostro tempo.

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day, e presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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