Ceccano, depuratore sequestrato: due arresti

I reati contestati sono quelli di traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, e riguardano 4 società e 14 indagati

L’impianto di depurazione consortile delle acque a Ceccano, beni per oltre un milione di euro, e le quote della società che lo gestisce, sono stati sequestrati. Due persone sono state arrestate dai carabinieri del gruppo forestale di Frosinone che hanno svolto un’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma. In tutto, sono 14 le persone, riconducibili a 4 società diverse, che risultano indagate a vario titolo per reati di traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale.

La custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti dell’ex responsabile dell’area tecnica della società che gestisce il depuratore consortile di località Colle San Paolo. Mentre gli arresti domiciliari sono stati disposti per l’ex responsabile impiantistico.

L’attività di indagine è relativa a fatti contestati che risalgono al 2020 – 2021. E riguardano la A&a Spa, società che gestisce il depuratore consortile, unico bacino collettore dei reflui di circa 200 aziende del Frusinate e di numerosi comuni. 

Traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale

Per quanto riguarda il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gli inquirenti contestato agli indagati l’aver abusivamente gestito, con attività organizzata e continuativa, ingenti quantità di rifiuti speciali. Si tratta di fanghi da depurazione in assenza di adeguato trattamento (i fanghi venivano smaltiti direttamente presso una discarica situata in Toscana) finalizzato a garantirne lo smaltimento in modo da ridurre i pericoli per la salute e per l’ambiente.

In tal modo la società produttrice dei fanghi, secondo gli investigatori, conseguiva un notevole profitto derivante dal risparmio ottenuto per il mancato trattamento dei fanghi. I fanghi venivano inoltre erroneamente classificati come non pericolosi, mediante attribuzione di un codice Cer non adeguato, in assenza di idonea caratterizzazione.

Il reato di inquinamento ambientale riguarda invece i reflui dell’impianto di depurazione che vengono rilasciati nel fiume Sacco. A tal proposito le indagini si sono concentrate sulle criticità che presenterebbe l’impianto, nonché l’inadeguatezza dei controlli sui reflui che confluiscono presso il depuratore. Lo stesso non avrebbe potuto depurarli efficacemente, con conseguente continua, e significativa, violazione dei limiti tabellari stabiliti per i reflui dello scarico finale nelle acque del fiume Sacco. Nell’anno 2020 le stesse analisi effettuate dalla società che gestisce il depuratore riportano ben 328 sforamenti, mentre nei primi mesi del 2021 gli sforamenti erano arrivati a ben 181.

I responsabili della società erano a conoscenza della situazione, avendo provveduto ad inviare agli enti numerose comunicazioni di “scarico anomalo” nelle quali evidenziavano l’anomalia di alcuni reflui in entrata all’impianto. Gli stessi, però, non hanno mai posto in essere efficaci azioni finalizzate da un lato ad individuare chi ha rilasciato tali reflui e dall’altro a porre in essere azioni correttive per evitare il costante rilascio di inquinanti nel corpo recettore, con conseguente inquinamento del fiume Sacco. Sono in corso perquisizioni della sede legale e delle sedi operative della società che gestisce il depuratore.

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