‘Mateo’, l’esordio alla cinepresa della Gamboa: poca carne al fuoco e troppa telenovelas

La recensione del film datato 2014: tante buone intenzioni ma il risultato non è affatto potente come avrebbe dovuto essere

Un esordio che sa di amatoriale, ma perlomeno di quello sufficientemente dignitoso, questo “Mateo” della colombiana Maria Gamboa, vincitore del Grifone di cristallo al Giffoni Film Festival 2014. Tante buone intenzioni nella sua creatura primogenita, ma purtroppo non bastano a far sì che il risultato sia potente come avrebbe dovuto. Con un taglio semi-documentaristico, la nuova affiliata del cineclub mondiale, toppa però nella mescolanza con gli stilemi tipici della telenovelas latina.

La trama

Mateo è un adolescente che vive lungo la valle del fiume Magdalena, in Colombia. La sua è una vita segnata dal dualismo: venuto su in un ambiente povero e violento, il sedicenne è costretto a dividersi tra lo zio Walter, strozzino locale che si serve di lui per la riscossione del pizzo, e la madre, una donna che lotta per tenere lontano il figlio dalla malavita. La svolta per il giovane arriva grazie ad un prete ed un corso di teatro che sceglie di frequentare per non essere espulso da scuola. Se da una parte il sacerdote insinuerà in Mateo il dubbio che la vita condotta sinora non sia quella giusta, dall’altra lo zio non mollerà felicemente la presa sul ragazzo…

Temi scottanti ma poca potenza

Il tema centrale è sicuramente scottante e attuale, soprattutto se contestualizzato, se analizzato nel panorama in cui viene proposto e s’inserisce la didascalia della neo-cineasta. Purtroppo però, poteva e doveva avere un’altra resa finale, perseguire anche con forza drammatica la scrittura di personaggi più vicini a quel neo-realismo di cui inizialmente si colora la Gamboa. Una crosta che poi stinge nella pozzanghera della fiction più trita; manca la forza della rappresentazione, manca la potenza dell’interpretazione. Il contrappunto dell’opulenza derivante dalla vita criminale che si batte con la solidarietà sociale, l’arte e la religione imposte come le strade da battere per la redenzione, non possono bastare a fare di quest’opera prima un lavoro lodevole. La regia è invisibile e priva di guizzi, ma fortunatamente abile a raccontare un plot costruito su temi sociali. Piacerà a chi apprezza tali tematiche, anche se in realtà la carne sul fuoco è davvero poca. Peccato per i lodevoli propositi iniziali, ma il risultato è deficitario in introspezione e resa totale. Perlomeno non è stucchevole.

Dettagli

Titolo originale: id.
Regia: Maria Gamboa
Sceneggiatura: Adriana Arjona, Maria Gamboa
Cast: Carlos Hernández, Felipe Botero,  Myriam Gutierrez, Samuel Lazcano,  Leidy Niño, Pablo Pedraza, Alexis Guerrero, Paola Muñoz, Yovanni Ayala, Alexander Jiménez
Fotografia: Diego Jiménez
Montaggio: Gustavo Vasco, Jacques Comets
Musiche: Marc Huri

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day, e presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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