La pandemia prima, la guerra poi. Il periodo storico che stiamo vivendo mette a dura prova anche i più resilienti. Ma come capire quando è il momento di chiedere aiuto e a chi rivolgersi?
Improvvisi e incontrollati attacchi di ansia, panico, stanchezza cronica, insonnia e poi stati depressivi, angoscia, rabbia, apatia, poca voglia di mangiare o senso di fame incontrollato. Tutti o quasi abbiamo avuto a che fare nella vita con disturbi emotivi più o meno gravi. Una situazione aggravata da un periodo storico, quello nel quale stiamo vivendo, carico di incertezze, senso di impotenza e precarietà. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina. Siamo bombardati da continue informazioni che preoccupano e destabilizzano anche i più resilienti. Così accade che, a distanza di due anni dall’inizio della pandemia da Covid-19, con l’arrivo della guerra ai confini con l’Europa, anche coloro che avevano mostrato maggior capacità di resistere comincino a vacillare. E gli attacchi d’ansia e/o depressivi trovino terreno fertile soprattutto in chi è predisposto per familiarità o perché ne ha già sofferto.
Nel bel mezzo del primo lockdown gli esperti lanciavano l’allarme sugli effetti psicologici della pandemia sulle popolazioni. Si parlava di veri e propri “disturbi post traumatici da stress” che sarebbero potuti insorgere in ogni fascia d’età, in qualunque momento. Ancor più a distanza di tempo. E ora che, ancora alle prese con la pandemia, è arrivata anche la guerra alle porte di casa nostra che fare? La risposta è una sola: chiedere aiuto.
Quando chiedere aiuto
La capacità di capire quando è il momento di chiedere aiuto è essa stessa una forma di resilienza. I drammi storici che stiamo vivendo sono motivi oggettivi più che sufficienti a scatenare le emozioni profonde legate all’istinto di sopravvivenza e alla consapevolezza del pericolo. È fondamentale imparare a riconoscere le nostre paure per poterle gestire in modo sano. Come è altrettanto fondamentale capire se si tratta di momenti isolati e passeggeri per i quali può bastare parlare con una persona di fiducia o semplicemente con noi stessi. Ma se l’ansia e i sintomi sopracitati si ripresentano in maniera costante e incontrollata è necessario rivolgersi a uno psicoterapeuta. L’aiuto di un esperto può essere fondamentale per evitare l’insorgenza di disturbi più gravi.
A chi rivolgersi
Per essere al fianco delle persone in difficoltà, durante la pandemia la Sanità pubblica si è attivata con servizi di psicologia di emergenza. I Dipartimenti di Salute Mentale e delle Patologie da Dipendenza delle Asl, compresa quella di Frosinone, hanno messo a disposizione dei cittadini numeri di emergenza da chiamare in caso di necessità, 24h su 24. Operatori esperti in grado di capire, riconoscere e gestire l’entità delle richieste d’aiuto. In quest’ottica è nato anche l’Ambulatorio psicologico pazienti post Covid, sempre nella Asl di Frosinone.
Ma è possibile anche rivolgersi ad associazioni o organizzazioni di volontariato nate, soprattutto, per fornire aiuto a quei cittadini che non hanno la possibilità economica di rivolgersi ad uno specialista privatamente. In tal senso un aiuto utile è offerto gratuitamente e in forma anonima anche da Telefono Amico Italia, storica organizzazione di volontariato che promuove la cultura dell’ascolto empatico come fattore di salute emozionale e di contrasto alla solitudine. Secondo i dati diffusi da Telefono Amico Italia, le richieste d’aiuto ricevute sono aumentate del 85% rispetto al pre-pandemia e nel 2021 hanno raggiunto quota 100mila (+13% dal 2020).
La cosa fondamentale è non cadere nella convinzione di essere soli, di non poterne uscire. Si stima che otto milioni e mezzo di italiani abbiano sofferto almeno una volta nella vita di disturbi d’ansia, dati destinati a crescere nei prossimi anni. Un bel numero da tenere a mente quando ci si sente “soli” o “sbagliati”.