Un no forte, deciso, convinto. Un no di comunità al progetto. Quel mega impianto non piace. Andrebbe ad insistere in un’area fortemente inquinata. La realizzazione del Biodigestore in località Selciatella, progettato da Energia Anagni (società mista pubblico-privata) di cui fanno parte SAF spa, A2A e SaxaGres, dell’imprenditore Francesco Borgomeo, sta caratterizzando, giorno dopo giorno, il dibattito politico.
A far salire i toni della discussione è stato anche il via libera da parte della Regione Lazio al rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) per la messa in esercizio. In pratica come dire “ok’ alla realizzazione di un impianto che tratterà 84.000 tonnellate all’anno di Forsu, (frazione organica del rifiuto solido urbano”. Inevitabile che in un territorio compreso nel SIN (sito d’interesse nazionale) della Valle del Sacco, l’argomento non passasse inosservato. Anzi.
Attorno al progetto, risalente al 2017, da subito si è sviluppato un aspro dibattito. Durissime le prese di posizione delle associazioni che da anni si battono per la bonifica di quella che è stata ribattezza la Valle dei Veleni. Da non dimenticare, infatti, che il Sin Valle del Sacco è finito più volte al centro di studi che hanno dimostrato il forte inquinamento di tutta la zona a ridosso della Città dei Papi. E non solo. Eppure c’è chi continua a permettere l’insediamento di impianti di trattamento rifiuti.
Al centro dell’ultima polemica è finita, soprattutto, la posizione del sindaco di Anagni, il forzista Daniele Natalia, che il 24 dicembre 2020 – in fase di rilascio della VIA (valutazione impatto ambientale), primo passo dell’iter – ha autorizzato di proprio pugno un parere favorevole, anche se con prescrizione, alla realizzazione dell’impianto. Una procedura anomala, come più volte evidenziato dalle opposizioni, in quanto la competenza spetta agli uffici preposti ed ai relativi funzionari (ambiente ed urbanistica) e non certo alla ‘segreteria del sindaco’, risultato unico mittente del parere rilasciato dal Comune di Anagni.
Parere ribadito in consiglio comunale dallo stesso primo cittadino, incurante delle vibranti proteste della minoranza consiliare, con il supporto degli amministratori delle società interessate; parere che pochi mesi dopo è stato ribaltato dallo stesso sindaco e da tutta la maggioranza, a fronte della sommossa popolare seguita alla vicenda.
Natalia, infatti, ha ammesso di avere commesso un errore. Un errore che ha consentito ad Energia Anagni di superare la Valutazione di impatto ambientale. Ma a pagare questo sbaglio – è l’osservazione che viene da più fronti – non sarà chi lo ha fatto ma un intero territorio già compromesso dal punto di vista ambientale.
Errore commesso per quali motivi? Lo ha spiegato lo stesso sindaco nel corso di una videointervista dello scorso 22 aprile, rilasciata al professor Mauro Meazza, con dichiarazioni che meritano un approfondimento. Natalia si è così giustificato: “Chi mi ha convinto a valutare questa problematica, è stato l’allora partito di maggioranza alla Regione, alla Provincia e al Governo, che era il PD, che parlava di un’operazione intelligentissima e che avrebbe avuto il consenso unanime”.
Tutto normale? Mica tanto. C’è infatti da chiedersi perché un partito si sarebbe fatto garante di un’iniziativa privata? Perché il sindaco ha rilasciato parere favorevole nella conferenza dei servizi per la V.I.A, un parere prerogativa solo dei tecnici e dei funzionari? Infine chi è il soggetto a cui si riferisce il sindaco, che avrebbe fornito le garanzie e, soprattutto, cosa intendeva per garanzie? A questo punto, quindi, oltre alle perplessità ambientali sull’impianto, si aggiungono pure quelle sulle dichiarazioni di Natalia, sugli interlocutori istituzionali che avrebbero sostenuto l’iniziativa e, soprattutto, sulla natura dei loro interessi.