‘Il Lercio’, una lettura piacevolmente diseducativa targata Irvine Welsh

La recensione del terzo romanzo dello scrittore scozzese. Un mix di turpiloquio, ritmo incalzante e introspezione...con un finale a sorpresa

Sono tempi duri per la polizia di Edimburgo: ristrutturazioni, cambiamenti nell’organico, l’opinione pubblica in subbuglio per il caso di Efan Wurie, il giornalista freelance di colore, figlio dell’ambasciatore del Ghana, ucciso a colpi di martello in pieno centro cittadino. Eppure, non sembra che a Bruce Robertson, incaricato di coordinare le indagini, le cose vadano poi così male. Dopo turni selvaggi di straordinario, l’irreprensibile “Robbo” intende staccare la spina per un po’ facendo un pieno natalizio di sesso e droga ad Amsterdam… E di rinunciare alla sua vacanza per risolvere il caso Wurie (un nero, dopotutto, mica uno di noi!) non se ne parla nemmeno. Però…

“Il Lercio” (Filth) è il terzo romanzo di Irvine Welsh, pubblicato nel 1998. È il sesto libro del capofila della cosiddetta “chemical generation”. Nel 2013 ne è stato tratto un film, “Filth” con l’attore James McAvoy nella parte di Bruce Robertson.

Un protagonista…divertente e ripugnante allo stesso tempo

Nelle strade della capitale scozzese si muove Bruce Robbo” Robertson: poliziotto corrotto, razzista, ossessionato dal sesso, dedito alle droghe, avvezzo all’abuso di potere, profondamente egoista, manipolatore, arrivista e traditore, astuto, senza scrupoli nel mettere gli altri l’uno contro l’altro per il proprio tornaconto. È disgustoso e scopriamo tasselli della sua fetida esistenza grazie alla tenia che alberga comodamente nel suo corpo e che ci parla – sissignori – facendoci scoprire chi sia il ‘Lercio’. Nonostante le premesse per disprezzarlo in toto ci siano tutte, Welsh riesce a creare quella sottile ma mai debole ‘empatia’ che fa comprendere al lettore il perché di tanta rabbia, degli abomini perpetrati, del suo dolore. Senza mai accantonare quella verve divertente per cui le scelleratezze di Robbo risultano perfino simpatiche.

La sua corazza di malvagità è ferita da crepe che ci restituiscono la struttura di un personaggio molto più intricato di quello che potrebbe sembrare di primo acchito. Robbo accusa frequenti crisi di ansia e depressione, è soggetto a diverse problematiche di salute per cui dimagrisce troppo in fretta a causa della tenia di cui prima e lamenta anche un fastidioso eczema dove non batte il sole…soffre, soffre senza neppure ammetterlo in una sorta di nemesi di una vita soggiogata ai piaceri.

Welsh è molto abile nel mischiare il registro comico a quello drammatico. Le avventure di Robbo hanno allo stesso tempo uno sfondo tragico ed esilarante. Le sue malefatte fuori da ogni canone, gli insulti iperbolici che egli propina a destra e a manca riescono a suscitare sia l’indignazione che la risata. È insomma un individuo ripugnante ma per il quale si finisce per provare una sorta di ambigua attrazione.

Dove si va?

Abbondanti pagine di romanzo, quasi tre quarti, sembrano non andare in nessuna direzione. Più che altro vengono narrate le avventure sessuali dello spregevole protagonista e tutte le sue cospirazioni per arrivare alla tanto bramata promozione. Proprio sul finale, però, Welsh vira riuscendo a tessere un epilogo bellissimo, struggente e duro che corregge l’approccio del lettore nell’interpretazione dei fatti. Non solo. Il personaggio acquisisce profondità e dona all’opera una specie di redenzione qualitativa ma non morale, uno spessore inatteso. La vicenda converge infatti verso un finale a sorpresa, dove scopriamo come il tremendo passato di Robbo ne abbia determinato freudianamente nevrosi e azioni scellerate. Nel dipanare questa matassa, lo scrittore non esita a trascinarci fin dentro le viscere del suo protagonista.

Una lettura piacevolmente diseducativa

“Perciò sarebbe questa che chiamano arte oggigiorno? Oppure qualche pezzalculo periferico che scrive dei romanzi su tutte le droghe del cazzo che si son fatti lui e i suoi amici teppisti. Sicuro, lui adesso mica sta più con loro, lui abita nel sud della fottuta Francia o in un posto del genere tirando per il culo tutti questi cagoni di fighette di sinistra convinti che lui è una specie di artista del cazzo…”.

Il risultato del lavoro di Welsh è un romanzo originale ed esilarante, piacevolmente diseducativo, zeppo di turpiloquio, ma dal ritmo incalzante, infarcito di scene di sesso e violenza, dove tuttavia non mancano l’introspezione, l’accurata descrizione di ambienti e atmosfere dell’underground metropolitano e perfino accenni di lirismo. Per affrontarne la lettura bisogna essere disposti a stare alle ‘regole del gioco’, ma ne vale assolutamente la pena. “Il Lercio” di sicuro non mancherà di sorprendere, indignare e divertire il lettore. Imperdibile per gli amanti di Welsh e per chi vuole assaggiare una storia originale fuori dagli schemi consueti della letteratura.

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Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli
Cristina Lucarelli, giornalista pubblicista, specializzata in sport ma con una passione anche per musica, cinema, teatro ed arti. Ha collaborato per diversi anni con il quotidiano Ciociaria Oggi, sia per l'edizione cartacea che per il web nonché con il magazine di arti sceniche www.scenecontemporanee.it. Ha lavorato anche come speaker prima per Nuova Rete e poi per Radio Day e come presentatrice di eventi. Ha altresì curato gli uffici stampa della Argos Volley in serie A1 e A2 e del Sora Calcio.

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